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La questione de ''La Donna''


La donna è un soggetto affascinante, complicato, impossibile da descrivere nella sua interezza. Basti pensare che una celebre confessione di Freud recita:

La grande domanda, alla quale nemmeno io so rispondere malgrado trent'anni di lunghe ricerche, è questa: cosa vuole una donna?

Questa resa di Freud nei confronti del mistero femminile ha poi smosso l'intera psicoanalisi nel tentativo di dare una risposta laddove anche l'inventore della psicoanalisi stessa era rimasto in silenzio. Lacan, quasi al termine del suo insegnamento, dirà che la donna non rientra in quella che è la logica fallica (del desiderio) in cui si inscrive l'uomo. Per dirla in altri termini: dell'uomo si può fare un tutto mentre le donne vanno prese una per una, in quanto ognuna porta con sé quel frammento di mistero che riguarda la femminilità e che non è accessibile a nessun'altro se non a lei stessa. Lacan finirà a dire che ''La donna non esiste'' proprio per questo motivo. Non c'è un significante che possa dire tutto della donna, ci sarà sempre qualcosa che manca. Cos'è che manca? Occorre tornare alla domanda di Freud.

La domanda ''cosa vuole una donna?'' può essere tradotta in: cos'è che soddisfa una donna? Cos'è che può mettere a tacere quella fame di desiderio che sembra sempre, costantemente, incolmabile? Cos'è che può sradicare la donna dalla sua tanto amata posizione di insoddisfazione? Freud continuerà a ''lavarsene le mani'' invitando chiunque voglia saperne di più a rivolgersi alle donne o ai poeti.

Lacan cercherà di dire qualcosa in più riguardo alla questione. Proprio nella misura in cui la donna non cade completamente nella logica fallica ossia conserva una quota di godimento che resiste alla possibilità di simbolizzazione, alla parola, sembra impossibile che l'altro (il partner, l'amica, la madre, l'amore) riesca a colmare ciò che essa stessa non riesce a decifrare.

Questo cortocircuito ci porta immediatamente in una dimensione altra in cui la donna è attratta dall'altra donna. Nella logica inconscia di ogni donna ne esiste sempre un'altra che fa da ideale. Un esempio romanzato potrebbe essere il seguente: in un ristorante una coppia di fidanzati siede al tavolo; entra un'altra coppia che non passa inosservata al resto della sala. Il fidanzato seduto al tavolo volge immediatamente lo sguardo verso la donna appena entrata. La sua fidanzata non guarderà inizialmente l'uomo ma anche i suoi occhi verranno rapiti da quella donna. Forse è un'esperienza che la lettrice femminile avrà fatto. Cosa si nasconde dietro questo sguardo? La risposta (illusoria) al proprio mistero: cos'è una donna? Cosa vuol dire essere una donna? L'altra donna diventa quindi la depositaria di questo sapere, della risposta all'enigma esistenziale del femminile.

Già in adolescenza la giovane donna inizia la sua ricerca muovendo i primi moti aggressivi verso la propria madre. Questo è chiamato ravage. Agli occhi della ragazza la madre è una donna che, avendo un marito, una famiglia e magari un lavoro importante, ha messo la parola fine alla propria insoddisfazione. La madre è colei che ha la risposta ma che non vuole condividere. Ecco il motivo di tanta rabbia nei suoi confronti. Tu che sei mia madre dovresti sapermi dire come si fa ad essere una donna, cosa mi completa, cosa mi soddisfa. Tu lo hai fatto! Dillo anche a me! Ahimè la giovane fanciulla rimane a bocca asciutta perché anche sua madre, come lei, conserva l'impossibilità di dare una risposta al proprio mistero. Per concludere possiamo dire che la donna, in quanto impossibile da inscrivere in un insieme, deve autorizzarsi a cercare il proprio modo di saperci fare con il proprio mistero, di trovare la strada meno sintomatica possibile per circoscrivere quel buco insaziabile che reclama godimento ancora e ancora... Deve fare pace con l'impossibilità della soddisfazione tout court.

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