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Immagine del redattoreAndres Rivera Garcia

L'isterica vuole un padrone su cui regnare

L’isterica vuole un padrone su cui regnare. (J. Lacan)

Così Lacan introduce la questione dell’isteria per avvicinarsi al cuore della sua logica. Un’affermazione potente, apparentemente controversa e paradossale ma carica di un significato che è possibile rintracciare nella quotidianità femminile (anche se, parlando di soggetto isterico, non possiamo escludere anche gli individui maschili con questa declinazione nevrotica), nella clinica e non.


Cerchiamo di analizzare questo spunto riflessivo estrapolando i significati che emergono nel suo ribaltamento. L’isterica vuole un padrone / su cui regnare. Dire l’isterica vuole un padrone significa anche dire che vuole mettersi in posizione di serva. Questa infatti è la prima posizione che essa assume – una posizione necessaria – affinché si possa innescare il circuito da cui origina il meccanismo che alimenta la soddisfazione inconscia. Facciamo subito qualche esempio di cui qualcuno ha sicuramente fatto esperienza almeno una volta nella vita. Qual è la tipologia d’uomo preferita dell’isterica? Il farabutto, il bruto, il criminale, il malato. Tutti uomini verso cui sacrificare il proprio desiderio e vestire i panni della famosa figura della crocerossina che possa mettersi nella posizione della salvatrice. L’Altro quindi diventa il padrone del desiderio isterico. Per dirlo in altro modo: il desiderio di redimere l’Altro, di purificare il marcio che l’Altro sventola con disinvoltura, diventa il vero protagonista attorno cui ruota il circuito della logica isterica. Il soggetto isterico quindi fa di tutto per l’Altro sacrificando, per l’ennesima volta, il proprio desiderio. Potremmo accostare la figura del soggetto isterico a quella del martire. Come disse Giovanna d’Arco: chi mi ama, mi segua. Questo però è solo il primo. Adesso andiamo verso la seconda parte dell’affermazione di partenza: un padrone su cui regnare.


Abbiamo visto che inizialmente l’isterica si mette nella posizione di serva, di crocerossina, di martire. Può accadere che poi il suo movimento riesca a far breccia nell’Altro e che diventi realmente l’oggetto amato, l’oggetto che causa il desiderio dell’Altro e nell’Altro, l’oggetto che scava quindi una mancanza e che fa dire all’Altro: io desidero te e solo te. Ecco ribaltati i ruoli, il servo – pur rimanendo nella posizione di servo – diventa il padrone del suo padrone in un circolo vizioso che si interrompe il più delle volte con la fuga dell’isterica da questa dinamica che ormai è pura coazione a ripetere. Andiamo però più nello specifico: l’isterica abbiamo detto che scava la mancanza nell’Altro mettendosi di conseguenza nella posizione di oggetto-causa di desiderio. Quello che prima era l’uomo virile, l’uomo che non doveva chiedere mai, l’uomo tutto d’un pezzo diventa improvvisamente una totale delusione nella misura in cui mostra la sua mancanza, la sua debolezza, il suo amore verso il partner. L’orrore alla vista della castrazione dell’Altro e, soprattutto, il profondo terrore di essere vista come oggetto, porta l’isterica a scappare a gambe levate da quella relazione che nasce esclusivamente su delle basi profondamente sintomatiche e inconsce. Ancora una volta, l’insoddisfazione torna ad essere la vera posta in gioco nella logica isterica.


A questo punto non è difficile leggere il famoso caso di Freud in cui analizza la giovane Dora. La ragazza, in un punto ben preciso della sua vita, compie un atto abbastanza forte: schiaffeggia il Signor K, colui che verso di lei prova un forte desiderio sia d’amore che sessuale. Quando avviene questo schiaffo? Precisamente nel momento in cui il Signor K confessa a Dora che la Signora K – sua moglie – per lui non significa assolutamente niente, che è una donna di poco conto. Perché mai Dora avrebbe dovuto schiaffeggiarlo per queste parole? Perché essendosi identificata nella Signora K (colei che con la sua femminilità riesce a rubare il desiderio del padre di Dora) allo stesso modo anche lei viene declassata ad oggetto-niente, a insignificante, a pezzo e non più a donna. Questo è un'altra questione della logica isterica: quando il partner si innamora solo del pezzo della donna (dei suoi occhi, delle sue gambe, del suo seno e via discorrendo) e non dell’inafferrabilità stessa della donna, allora l’isterica fugge alla ricerca di tornare a quel primo passo del circuito in cui invece il suo essere – per intero – è l’unica cosa che conta per l’Altro.


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