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Disturbi d’ansia: curare il male contemporaneo

Una lettura psicoanalitica dell’ansia e del suo significato profondo


Viviamo in un’epoca segnata da un disagio silenzioso ma diffuso: l’ansia. Non si vede, ma si sente. Non sempre trova parole, ma spesso domina i pensieri, altera il corpo, condiziona la vita. La modernità ha ridefinito il volto della sofferenza psichica: mentre il dolore psichico tendeva un tempo ad assumere la forma della nevrosi, oggi sempre più spesso prende la strada dell’ansia. Ma cosa significa essere “ansiosi”? E, soprattutto, che cosa ci sta dicendo la nostra ansia?


L’ansia non è il problema, ma un segnale


Nel modello psicoanalitico, l’ansia non è vista come un nemico da combattere. È piuttosto un segnale dell’inconscio, una comunicazione interrotta, un linguaggio che cerca ascolto. Freud, nei suoi primi studi, la definiva come una reazione dell’Io a una minaccia interna, spesso prodotta da impulsi rimossi o da desideri inconsci non tollerabili per la coscienza.

Jacques Lacan, in una delle sue affermazioni più celebri, scrive:

“L’ansia non è senza oggetto.”

Questo paradosso apparentemente oscuro apre una prospettiva clinica fondamentale: l’ansia non è mai immotivata, anche quando sembra esserlo. Essa ha sempre un’origine, anche se quella origine è inconscia, sepolta, indicibile. È la reazione a qualcosa di profondo che il soggetto non può ancora rappresentare.


La maschera moderna del disagio


Nella clinica contemporanea, l’ansia è uno dei sintomi più frequenti. Essa può manifestarsi attraverso:

  • Attacchi di panico

  • Insonnia persistente

  • Preoccupazione cronica e incontrollabile

  • Paura del giudizio altrui

  • Evitamento di luoghi o situazioni sociali

Spesso, dietro questi sintomi si nasconde un vissuto profondo di insicurezza identitaria, vergogna, senso di inadeguatezza, oppure un’antica ferita relazionale rimossa dalla coscienza. In questo senso, l’ansia è un sintomo che “parla”, e la psicoanalisi è il luogo dove quel parlare può avvenire in sicurezza e libertà.


Un caso clinico: l’ansia come eredità emotiva


Matteo (nome di fantasia), 28 anni, arriva in studio con un sintomo ricorrente: attacchi di ansia notturni. Nulla di “oggettivo” sembra giustificare il disagio: ha un buon lavoro, una relazione stabile, una rete sociale presente. Eppure, la notte si sveglia con tachicardia, sudorazione, paura di impazzire o morire.

Durante il lavoro analitico, emergono lentamente ricordi dell’infanzia: un padre severo ma affettuoso solo a tratti, una madre presente ma assorbita dalle sue preoccupazioni. Matteo ha imparato a “funzionare bene”, ma a non sentire. L’ansia, nella sua vita adulta, è diventata il modo in cui il suo mondo affettivo negato cerca di emergere. È un grido non ascoltato. Attraverso la relazione analitica, Matteo inizia a dar parola a quelle emozioni sospese. Il sintomo cala di intensità non perché viene “curato”, ma perché viene compreso.


L’approccio psicoanalitico all’ansia


La psicoanalisi non offre soluzioni rapide, ma trasformazioni profonde. Non propone tecniche di rilassamento o strategie comportamentali — pur rispettandone il valore — ma lavora sul significato. In seduta si costruisce uno spazio simbolico, dove il sintomo può essere esplorato, compreso, raccontato.

Il trattamento mira a:

  • Riconoscere l’origine inconscia dell’ansia

  • Dare parola a ciò che finora è rimasto muto

  • Trovare un significato soggettivo che ricolleghi il sintomo alla storia del soggetto

  • Trasformare il sintomo in esperienza narrabile


Perché oggi siamo più ansiosi?


Viviamo in una società che ci chiede velocità, efficienza, controllo. Il tempo per elaborare, sentire, sostare nel dubbio è spesso negato. L’ansia diventa la risposta psichica a una realtà che non lascia spazio al desiderio, all’incertezza, alla vulnerabilità.

Come scrive lo psicoanalista Massimo Recalcati:

“L’ansia è il prezzo che paghiamo per essere separati da ciò che desideriamo.”

La cura dell’ansia, allora, passa per il riconoscimento di quel desiderio, spesso rimosso o deformato.


Lavorare sull’ansia significa lavorare su di sé


Se stai vivendo un periodo in cui l’ansia ti impedisce di vivere pienamente, forse non si tratta solo di “eliminarla”, ma di ascoltarla. Il mio lavoro come psicoterapeuta psicoanalitico è quello di accompagnare le persone in un percorso dove i sintomi non sono ostacoli, ma tracce da seguire.


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