La malattia (mentale) è una scelta? Premesso che non amo questa definizione (preferisco sofferenza psichica), questa domanda è molto importante e per cercare di dare una risposta esauriente, occorre fare un giro largo in modo da non scivolare in pericolosi e inutili fraintendimenti.
Partiamo da una prima considerazione: il termine malattia deriva dal latino mala-actio ossia mala-azione, cioè malattia indotta per azione errata, dovuta all’ignoranza della mente del soggetto. Possiamo evidenziare questo primo punto: c’è un’implicazione del soggetto o, meglio, della sua ignoranza a riguardo di ciò che lo affligge. In secondo luogo se dovessimo parlare di scelta non sarebbe una scelta consapevole, una scelta cognitivamente orientata ma una scelta inconscia. Lacan, quando parla del soggetto dell’inconscio, si riferisce proprio a questo cioè al presupporre che siamo abitati da un soggetto inconscio che ha un sapere non accessibile alla coscienza.
Andiamo per ordine. Cos’è una malattia mentale? Se per malattia mentale intendiamo una serie di costellazioni fenomenologiche (ansia, panico, depressione, disturbi della condotta alimentare ecc…), allora possiamo pensarla come al tentativo inconscio di cercare un modo soggettivo di accedere a quel godimento svincolato dalla dimensione della parola; oppure la possiamo intendere come una sorta di compromesso tra il desiderio del soggetto e il desiderio dell’Altro in modo tale che non ci sia rinuncia alcuna dell’uno o dell’altro.
Perché un soggetto si ammala di una determinata malattia? Perché un soggetto soffre, ad esempio, di depressione e non di disturbo ossessivo-compulsivo? Se rimaniamo nel campo della psicoanalisi la risposta risiede nel modo di declinare quel fenomeno generale all’interno della storia particolare del soggetto. Per dirla in maniera più cruda ma sicuramente più comprensibile: quale tra questi fenomeni fa più al caso mio? Quale produzione inconscia riesce a creare una sorta di patto tra il mio desiderio e il conflitto che ne consegue? Ricordiamoci che Freud ha sempre parlato di tornaconto secondario del sintomo. Allora se seguiamo questa logica viene quasi naturale rispondere affermativamente alla domanda se la malattia mentale sia una scelta. Una scelta però inconscia. Questo giustifica lo stare male? Svincola il soggetto dalla sua responsabilità? Assolutamente no. Personalmente credo che intendere la malattia mentale come una scelta non svilisca la dimensione umana ma anzi rimanda al soggetto stesso il discorso che non è tutto scritto, che non c’è un destino segnato per lui. Se non fosse una scelta (come nel caso di una malattia organica seria ad esempio), cosa ne sarebbe di noi? Se la responsabilità del mio male risiede nel campo dell’Altro allora che senso avrebbe agire su di me?
Nonostante la malattia mentale porti indubbiamente una sofferenza imparagonabile, nonostante possa compromettere anche gravemente la vita del soggetto, la clinica insegna che solamente iscrivendola nella storia della persona, solamente svincolandola dai suoi infimi miraggi, solamente rimandando il suo potere al proprio padrone (l’inconscio del soggetto) è possibile curarla.
Come dice Ippocrate (ci aveva visto lungo):
Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.
Come lo possiamo interpretare? Io personalmente la parafraserei così: prima di guarire, devi scegliere se liberarti di ciò che – inconsciamente – hai scelto per ammalarti.
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