Questo articolo sarà, per ovvie ragioni, più corposo dei soliti. Occorre essere molto precisi affinché non si creino fraintendimenti su un tema che, per quanto scottante ai giorni nostri, rischia di essere fin troppo marginalizzato con qualunquismi e moralismi che non arricchiscono la pratica clinica. Parleremo dell'abuso sessuale in infanzia e le eventuali ripercussioni che il soggetto può trovarsi ad affrontare, inconsciamente, nel corso della sua vita. Facciamo una premessa teorica, come sempre, per fornire una cornice di riferimento entro cui muoverci. Partiamo ovviamente da Freud il quale, con i suoi tre saggi sulla sessualità, aveva già fatto discutere i benpensanti del suo tempo finendo per essere etichettato come un immorale, un pazzo, un dispensatore di teorie totalmente insensate. Cosa c'era, in questi saggi, di così intollerabile per il pensiero comune? Innanzitutto la centralità del bambino. Accostare l'infante alla sessualità è un'aberrazione nel 2024, figurarsi nel 1905. Eppure Freud è andato dritto per la sua strada e così faremo noi. La teoria dello psicoanalista viennese che destò un acceso scalpore fu quella secondo la quale i bambini provano lo stesso piacere sessuale dell'adulto e anzi, ne vanno alla ricerca. Freud chiamerà il bambino perverso polimorfo. Perverso perché il piacere sessuale non è circoscritto solo nelle zone erogene che maturerà più avanti ma in tutti gli orifizi compresa la bocca e l'ano; polimorfo perché non è importante chi sia l'oggetto della sua soddisfazione o quale sesso abbia (non c'è ancora una scelta di etero o omosessualità). Ricordiamoci sempre che Freud era un medico e conosceva molto bene la fisiologia del corpo umano. Il corpo biologico, infatti, è sempre stato al centro delle sue teorie. Per questo motivo non ha mai esitato ad affermare che gli orifizi del corpo infantile sono assolutamente eccitabili come quelli del corpo adulto se non di più. Per fare un esempio: il trattenimento delle feci, che è una problematica abbastanza frequente in infanzia, ecciterebbe così tanto la mucosa anale affinché al momento del rilascio il bambino esperirebbe una maggior quantità di piacere.
Fatta questa doverosa premessa aggiungiamo un dato che è assolutamente fondamentale ai fini del nostro ragionamento: l’incontro con la sessualità è un incontro traumatico. Affinché si abbia una maggior chiarezza sul significato del trauma rimando a questo mio articolo. Perché è un incontro traumatico? Perché è un incontro con un piacere che elude la dimensione della parola e che si fissa, indelebilmente, nel corpo del soggetto. Senza fare troppo i pudici è assolutamente normale aver visto dei bambini ricercare un piacere sessuale masturbatorio o per vie traverse. Molti soggetti che si rivolgono all’analisi raccontano senza troppi indugi le loro prime esperienze con la sessualità e tutti, nessuno escluso, ricordano i primi incontri con questo misterioso piacere. Freud ci dice che, mano a mano che l’età avanza, la sessualità del bambino si evolve fino a diventare quella che conosciamo in età adulta fissandosi esclusivamente sulle zone erogene deputate alla riproduzione. Può accadere però che questa evoluzione subisca un arresto, che intervenga una forte fissazione a livello somatico e psichico che impedisce il normale sviluppo sessuale del soggetto.
Prendiamo ora in esame il delicato tema dell’abuso sessuale in età infantile. Sfortunatamente non è infrequente ascoltare discorsi che iniziano proprio da questa esperienza. Senza entrare in dettagli specifici dell’atto stesso dell’abuso, andando dritto al sodo, chiediamoci: cosa succede nello psichismo del bambino quando si ritrova a fare esperienza di questo evento traumatico?
Come abbiamo già detto si verifica innanzitutto una fissazione sia nel corpo che nella psiche. Possiamo sicuramente confermare che un incontro sessuale di questo tipo non è minimamente esperibile come un incontro piacevole però, se teniamo conto dell’insegnamento di Freud, dobbiamo tenere ben in mente a livello clinico che il corpo può aver reagito diversamente: il corpo può aver esperito un piacere sconnesso dall’evento in sé. Ora qui chiedo un attimo di pazienza per arrivare a comprendere esattamente ciò che si intende dire e, come sempre, lo faremo con un esempio banale: se un bambino, giocando, cade a terra e si fa male sicuramente piangerà. Se lo stesso bambino ha la stessa sorte ma c’è presumibilmente una madre che ride della caduta un po' goffa, il bambino non piangerà ma anzi si unirà alla risata della madre per riflesso. Ciò non toglie che il suo corpo ha, indubbiamente, subito il ‘’trauma’’ della caduta. Magari si sarà sbucciato appena il ginocchio eppure, nel secondo caso, non verserà nemmeno una lacrima. Intanto che torna a giocare il corpo ha memorizzato l’evento. Ciò succede anche nel caso dell’abuso con l’aggravante che l’evoluzione psico-sessuale del soggetto rimarrà congelata all’evento zero.
Un’anonima lettrice ha posto una domanda molto delicata e che riguarda la sua esperienza. Questo articolo è la risposta alla sua domanda in via generale. Lei chiede: come mai ho questo rapporto con l’altro sesso tale da essere stata spesso vittima? La domanda è molto precisa e dobbiamo rispondere con altrettanta precisione. In primo luogo è chiaro che, a livello inconscio, ci sia una ripetizione: quella di mettersi nel posto della vittima. Perché dovrebbe, un soggetto, mettersi nel posto della vittima? Qui torna in nostro aiuto la questione della fissazione psichica: l’evento zero traumatico ha prodotto un più-di-godere per dirla con Lacan, che ha cristallizzato quel piacere del corpo che sfugge alla dimensione della parola, con la posizione della vittima la quale è, per dirla più semplicemente, la posizione dell’oggetto passivo nelle mani dell’Altro. In questo modo l’inconscio può godere esclusivamente se il soggetto si mette in questa posizione di assoluta sottomissione e subordinazione nei confronti dell’Altro. Qui la psicoanalisi inizia.
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