Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID): una lettura psicoanalitica
- Andres Rivera Garcia
- 17 mag
- Tempo di lettura: 3 min

Cos’è il Disturbo Dissociativo dell’Identità?
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID), precedentemente noto come disturbo da personalità multiple, è una condizione complessa e spesso fraintesa. Si manifesta con la presenza di due o più identità distinte (chiamate alter), ciascuna con propri pensieri, emozioni e modalità di agire.
A differenza delle rappresentazioni cinematografiche o mediatiche, il DID non è un fenomeno spettacolare o esotico, ma una condizione psichica che nasce come risposta a traumi precoci gravi.
La dissociazione: protezione dal trauma
Dal punto di vista psicoanalitico, il DID può essere compreso come una scissione radicale dell’Io. Quando un bambino vive esperienze traumatiche ripetute (abusi, trascuratezza, violenza) in età precoce, la sua mente può non essere in grado di elaborarle o contenerle.Per sopravvivere, il trauma viene separato (dissociato) dalla coscienza.
📌 La dissociazione diventa così un meccanismo di difesa estremo, che protegge la mente spezzando l’esperienza in compartimenti distinti.
Secondo la psicoanalisi, si tratta di una rimozione estrema (Freud), una forma in cui l’Io espelle interi pezzi della realtà interna, creando identità parziali che restano scollegate l’una dall’altra.
Freud, la rimozione e la scissione dell’Io
Freud, nei suoi scritti sul trauma e sulla difesa, parla della rimozione traumatica come una difesa inconscia necessaria quando l’esperienza è incompatibile con l’Io cosciente. Nel Caso Dora e in Inibizione, sintomo e angoscia (1926), si trovano le radici teoriche per comprendere come l’Io possa frammentarsi per difendersi dal dolore.
“L’Io, in difesa contro il trauma, può dividere in comparti separati i contenuti intollerabili.” – rielaborazione clinica da Freud
Nella lettura post-freudiana, autori come Fairbairn, Winnicott e la scuola delle relazioni oggettuali hanno ulteriormente approfondito il tema: quando il Sé non trova un contenitore affettivo adeguato, sviluppa “parti del Sé scisse”, ognuna legata a esperienze relazionali diverse.
Il caso Sybil: quando il trauma spezza l’identità
Il caso Sybil è uno dei più celebri nella storia della psicopatologia. Si tratta della storia reale di Shirley Ardell Mason, una paziente affetta da DID, resa famosa dal libro Sybil (1973) e dall’omonimo film.
Sybil presentava 16 personalità diverse, ciascuna con età, temperamento, voce e stile differenti. Le sue alter si attivavano in modo discontinuo, spesso a seguito di forti emozioni o contesti stressanti.
Le sue identità rappresentavano:
La parte fragile, traumatizzata
La bambina spaventata
La parte razionale
L’adolescente arrabbiata
L’alter che negava tutto
Il suo caso ha illustrato come, in presenza di traumi prolungati nell’infanzia, la mente possa “scomporsi” per continuare a funzionare.
📌 Sybil è un esempio estremo, ma clinicamente rilevante, di come il Sé possa spezzarsi per proteggere la continuità dell’esistenza psichica.
DID e relazioni oggettuali: identità scisse, non fittizie
A differenza di quanto si pensa, le identità del DID non sono inventate o simulate, ma rappresentano parti dissociate del Sé.La teoria delle relazioni oggettuali ci aiuta a comprendere questo fenomeno:
Ogni identità è legata a una relazione affettiva primaria vissuta come troppo intensa, contraddittoria o traumatica.
Il Sé non riesce a integrare queste esperienze e le frammenta.
In terapia, il compito non è “eliminare” le identità, ma favorire un'integrazione progressiva, aiutando il paziente a costruire una continuità interna tra le sue parti.
Psicoterapia e trattamento del DID
Il trattamento del Disturbo Dissociativo dell’Identità richiede tempo, empatia e una solida alleanza terapeutica.La psicoanalisi e la psicoterapia ad orientamento psicodinamico mirano a:
Riconoscere il senso adattivo della dissociazione
Costruire un contenitore sicuro per i contenuti traumatici
Favorire un dialogo interno tra le parti del Sé
Integrare il trauma nella storia personale, senza che questo continui a frammentare l’identità
Il lavoro clinico si basa sull’ascolto profondo, sul rispetto per ogni “parte” e sulla comprensione che ogni identità ha avuto – e ha – una funzione di sopravvivenza.
Conclusione: dissociazione non è finzione
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità non è un disturbo “teatrale”, ma una manifestazione clinica di sofferenza profonda e silenziosa.Dietro ogni identità dissociata, c’è una storia che chiede di essere raccontata, capita e tenuta insieme.
La psicoanalisi ci offre una prospettiva capace di andare oltre i sintomi per esplorare le radici relazionali e affettive del dolore psichico.Solo così, parte dopo parte, il Sé può ritrovare la propria unità.
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